La laurea e il sogno del posto fisso

Carissimi followers,

oggi ho due notizie da non credere. La prima – che rinnovo per chi, come me, non abbia ancora trovato la forza per metabolizzarla – è che mi laureo davvero. Finalmente il sogno di incorniciare il diploma di laurea e inchiodarlo al muro si avvera. E sapete? Non vedo l’ora che arrivi quel giorno: recarmi allo sportello, ritirare la pergamena, agghindarla con una bella cornice in legno massiccio, sedermi su una bella poltrona e restare a fissarla, come un’ameba, oltre i confini del tempo. Perché, siamo onesti una volta tanto: il passaggio laureato-disoccupato dura quanto uno stappo di brut: pam! parenti commossi fino al surreale, tu in gonnella e parrucca che ti umili tra le vie della città a dividere cioccolatini scaduti con su stampata la tua faccia che più sbronza nemmeno a pagare, e… e cosa? Cosa volete che vi dica? Il confine da attuale disoccupando a disoccupato in erba è, davvero, impercettibile. Perché inutile prenderci in giro: l’attesa della disoccupazione è essa stessa la disoccupazione. So già che qualcuno criticherà questo mio volgere lo sguardo ilare verso l’isola dell’ottimismo e del posto fisso, ma, credetemi, quel giorno, mentre vedrete vostra madre strapparvi dalle mani la vostra bella corona d’alloro per piazzarsela in testa in memoria dei  tempi che furono (se furono), penserete a me e capirete queste parole.

Ed è proprio per questo che non dobbiamo mollare: siamo realisti, non illudiamoci, non culliamoci in attesa di un qualcosa che non verrà mai a prenderci di sua iniziativa. Ma, allo stesso tempo, non rintaniamoci a occhi chiusi e ginocchia tremanti nella metà vuota del bicchiere. In quella ci butteranno, di forza, per “farci le ossa”, dicono; per farci aprire gli occhi su un mondo che non ti accoglie con una carezza facendoti cenno con la mano per entrare. Al contrario, quella metà vuota sarà specchio di un mondo che abbiamo solo sbirciato, mentre eravamo ancora intenti a studiarlo dai manuali (o così abbiamo creduto). Quella metà vuota sarà fatta di un mondo dal “benvenuto!”, sberla, porta in faccia. Ma date retta a me: sudate e spaccatevi la schiena finché potete, ché quando vi tufferete nel bicchiere mezzo pieno, nuotare sarà più bello di quanto possiate immaginare.

Ma bando alle ciance e diamo il via alla seconda notiziola, quella a cui, ancora adesso, stento a credere. Il mio relatore sarà presente alla seduta, di persona, in carne e ossa, in mentis et in corpore. Rendersi conto di un evento simile è dura, lo so. Ma succede, succederà: il mio professore abbandonerà le spiagge sicule e gli ananas a forma di palma caraibica per me. Per il mio giorno. Come me l’ha comunicato? Su Skype, con lo sfondo di un cartellone stile Gianluca Vacchi, con scritto: #solocosebelle.

Augurandovi il meglio e tanti Cfu, vi saluto con effetto.

Davide

 

 

 

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