Il tempo per l’#Altro

Ciao ragazzi,

il Natale è ormai alle porte, mancano davvero pochissimi giorni! Mi è sempre piaciuto il Natale, oltre che per il calore emanato dal camino dopo una lunga giornata trascorsa fuori casa, anche per le grandi rimpatriate familiari e per i regali nascosti nel cassetto da mio fratello Davide e da me scoperti prima del tempo (devo dire che ci azzecca sempre!).

Come ogni anno, questo magico periodo mi induce sempre più a distrarmi: sarà che fa buio presto, che fa freddo e che le giornate così mi mettono addosso una tristezza infinita! Per non parlare del fatto che ormai è già inverno e per me inverno= sessione invernale. Non voglio, però, essere pessimista, infatti credo che il Natale tiri fuori il lato migliore di me; non credo alle dicerie di paese “a Natale si è tutti più buoni”, perché per essere buoni non bisogna per forza attendere questa festività.

Da pochi mesi a questa parte, il miglior modo di dire grazie a me stesso è di compiere azioni di volontariato nell’associazione di cui faccio parte. Data la mia passione per le lingue, quale miglior occasione avrei potuto trovare per aiutare il prossimo? E per prossimo intendo un comune immigrato, una persona che, arrivata in Italia, non conosce la nostra lingua e si esprime con molta difficoltà. Credetemi, non c’è cosa più bella di aiutare qualcuno ad esprimere il proprio pensiero attraverso il linguaggio, appunto. Se ne vedono delle belle ogni settimana! Voi, al posto loro, quante gaffe fareste?

Amo questo lavoro, se così si può definire, perché mi aiuta ad entrare nei panni dell’altro, a stabilire un’empatia con lui. Ad esempio, ho scoperto che solo noi italiani amiamo riunirci il giorno della vigilia per il fatidico cenone e per lo scambio degli auguri, quando in realtà un immigrato africano, proprio in quei giorni, in Africa, è alle prese con la raccolta del cacao ed è costretto a posticipare i festeggiamenti. E cosa ancora più buffa, da loro si addobbano palme invece che abeti! Ma vi immaginate le palme addobbate con le lucine colorate in Piazza Bra? A me farebbero parecchio ridere! Loro, al contrario, potrebbero pensare la stessa cosa dei nostri finti abeti plastificati comprati negli ingrossi cinesi.

L’ingrediente che, secondo me, manca a noi occidentali sempre arrabbiati, sempre di fretta, sempre con mille post-it nella testa, è proprio il tempo per fermarci un attimo a riflettere. Il tempo non esiste, ragazzi! Adesso non voglio fare il filosofo di passaggio, ma questo è per farvi capire che il tempo è diventato per noi, oggigiorno, solo un pretesto: “non ho tempo di chiamarti”, “non ho tempo di aiutarti”, “non ho tempo di studiare”. Siamo sinceri con noi stessi: se davvero una cosa ci interessa, eccome se corriamo, anche adesso, in questo preciso istante!

Il mio consiglio (e adesso faccio davvero un po’ il filosofo) è quello di ritagliare, innanzitutto, il tempo per noi stessi, il tempo per essere grati alla vita ogni giorno per ciò che abbiamo, a partire da un tetto sopra la testa, da un piatto caldo in tavola, da un letto morbido e dall’opportunità di conoscere l’Altro, quello con la A maiuscola, in tutte le sue sfaccettature. Ma non Dio, non ci allarghiamo troppo! Mi riferisco alla persona seduta di fianco a noi all’università, al vicino di casa, al panettiere e, perché no, anche al comune immigrato che fatica a pronunciare una parola e che forse proprio tu, che molto spesso ti sottovaluti per un 23, puoi aiutare a pronunciare meglio.

Il tempo per ascoltare l’Altro, se davvero vogliamo, riusciamo sempre a trovarlo.

E un grazie a noi stessi e alla vita, in fondo, tutti noi lo meritiamo!

Buone feste a tutti.

  Matteo| Univrtellers

L’ottimismo è il profumo della #laurea

Hanno sempre definito Leopardi un pessimista. Per me non lo è mai stato. Cosa aveva di diverso dagli altri scrittori? Ti diceva le cose come stanno; senza filtri né illusioni. Un perfetto realista che ti spiegava il senso della vita nella sua cruda e disarmante verità; un autore straordinario e mal compreso che ti parlava delle gioie della vita come sfuggenti, finite, mentre il nostro desiderio di piacere resta meravigliosamente infinito. Ed è a Leopardi che penso adesso, giunta al mio traguardo. Mi laureo e so già che appena finiti i festeggiamenti, mi fermerò dicendomi: “E adesso?”. Una soddisfazione che solo per un effimero intervallo di tempo resterà piena; poi la sentirò farsi a metà, finché mi ritroverò a cercare un’altra terra promessa da raggiungere.

E Leopardi parla proprio di questo quando, nel suo Zibaldone, fa l’esempio del cavallo: un uomo desidera un cavallo, il desiderio di ottenerlo lo rende vivo; l’attesa del piacere diventa essa stessa il piacere (ricordate il celebre spot del Campari red? Ecco, anche lì c’è lo zampino del mio amato Giacomo). Ma ecco che l’uomo ottiene il suo tanto agognato cavallo e un senso di vuoto lo travolge. Comincia a desiderare altro, e sapete perché? Perché ottenendo il cavallo ha raggiunto un piacere finito, mentre i suoi desideri se ne stanno lì, irrimediabilmente infiniti. Il nostro desiderio di piacere è infinito. E questo non significa che, come hanno pensato in molti, saremo destinati all’infelicità, piuttosto, saremo sempre in cerca di qualcosa di nuovo, sempre in preda alla voglia di desiderare; mai stanchi, sempre vivi. In fin dei conti, che vita sarebbe senza desideri? Cosa ci rende uomini vivi se non il puntare a un sogno, a un obiettivo?

“Noia: il desiderio di desideri”, diceva Lev Tolstoj, e io di cose da desiderare ne ho tante. La fine del mio percorso universitario è solo l’inizio di un’altra bellissima storia. E voi? Quanti sogni avete ancora da realizzare?

Con questo interrotivo vi lascio, miei cari follower. Spero che per voi io sia stata una dolce compagnia tra una sessione e un’altra. Condividere con voi le mie esperienze, i miei pensieri e i miei disastri è stato un piacere. Un grande in bocca al lupo a tutti! (E leggete Leopardi)

 

Francesca

Segni rossi e #cinefilia

Cari Followers,

Mentre rileggevo alcune pagine della tesi che sto scrivendo, impazzendo tra i segni blu e rossi annotati dal mio relatore, ho ripensato alla scena di un film che ho visto tempo fa.

Amanda, dopo l’ennesimo rimprovero del suo capo, nel fast-food dove lavora, esasperata, gli getta addosso l’olio bollente con cui stava per friggere le patatine. Dopo un urlo di rabbia, prende le sue cose e scappa via più veloce che può.

Non viene voglia anche a voi, ogni tanto, di lasciarvi andare a un momento di pazzia e gettare tutto al vento o urlare finché il vostro vicino di casa non viene a suonare alla porta? In momenti come questo, non resta che chiudere tutto quello che state facendo e guardare un film. Se, come me, state affrontando un periodo intenso, fatto di scadenze, dubbi e studio, prendetevi due minuti per leggere questo post e sintonizzarvi coi miei pensieri.

Ho vissuto avventure oltre i confini dello spazio, sono tornata indietro nel tempo per risolvere questioni in sospeso, e ho incontrato mille volti lungo il mio percorso. Ho pianto e riso e mi sono emozionata e arrabbiata, in alcuni momenti, ma sempre con la voglia di andare fino in fondo e di vedere la fine della storia o di risolvere il mistero. Il cinema ti conduce in posti inesplorati, sia fuori dalla tua stanza, che all’ interno della tua mente. Sarà per questo che è una delle mie grandi passioni? Forse sì. E quando penso che quello che provo non sia abbastanza, mi immergo in un’altra storia, vivo assieme al protagonista le sue avventure o i suoi problemi e mi dimentico, per un istante, dove sono.

Dove sono? Sono con Martino che, frastornato, si imbatte in Amanda durante la sua corsa per fuggire dalla polizia, e sono sempre con lui quando decide di nasconderla nel Museo del Cinema di Torino, dove lavora come custode. E mentre mi perdo tra la bellezza della Mole Antonelliana domandandomi cosa accadrà tra Martino e Amanda quella notte, conosco “l’Angelo”, il fidanzato della ragazza, che di mestiere ruba automobili.

Pazzesco, no? La tesi mi sta guardando agguerrita, su questo schermo bianco in attesa della mia ispirazione, ma io questa notte ho cose più importanti da fare. Devo aiutare Martino a capire che la vita non è un film muto degli anni Venti e che può spiegare ad Amanda i suoi sentimenti.

Troppe chiacchiere e riflessioni e, nel frattempo, mi sono dimenticata di raccontarvi che spesso, quando voglio svagarmi dopo lo studio, vado in un cinema storico di Verona, che si trova proprio in piazza Bra. Al Rivoli  ci sono stata moltissime volte e amo il suo ambiente accogliente e la scelta dei film che vengono proposti ogni settimana. E se anche voi, come me, siete appassionati di film d’autore o di festival cinematografici, Verona ha molto da offrire. Ogni anno organizza diverse rassegne di cinema, che si svolgono al Palazzo della Gran Guardia, come il “Love Film Festival” (l’anno scorso ho visto Carlo Verdone dal vivo), oppure nei cinema più importanti della città, come il Cinema Alcione, che, attualmente, sta ospitando una rassegna dedicata al cinema inglese.

Qual è stato l’ultimo film che avete visto? Vi è piaciuto? E qual è il film che riguardate per sentirvi a casa? Quello che vi ha fatto emozionare la prima volta e che, da allora, non se ne è mai andato dai vostri pensieri. Io ne ho molti e per fortuna c’è ancora un universo di film da scoprire. Altre storie poetiche e surreali mi attendono. La storia di questo post, però, finisce qui. Ora ritorno al mio film, “Dopo mezzanotte” … O meglio, alla mia tesi.

                                          Francesca | Univrtellers